domenica 6 aprile 2014

Beppe Grillo e l'intervista al Fatto Quotidiano


L'intervista esclusiva del Fatto Quotidiano a Beppe Grillo, fondatore del M5S.
 
Grillo, partiamo dall’inizio o da oggi?
Per me è lo stesso. L’inizio, oggi e domani sono la stessa cosa. E si chiamano Movimento 5 stelle. Questi sono finiti. E non dite che sono capace solo a dire parolacce. Purtroppo servono anche quelle. Serve la rabbia e la parolaccia.
D’altronde lei è partito da un vaffanculo, giusto?
Quattro anni e mezzo fa è nato il Movimento-Cinque stelle, il V Day prima, e quello che abbiamo costruito è unico e irripetibile.
Saranno finiti gli altri, ma anche voi non ve la passate molto bene. E Renzi promette di durare a lungo. Vuole riformare il Senato.
Noi vinceremo le elezioni europee. Saremo il primo partito. E quelli del Pd lo sanno bene. Quanto alla riforma non puoi dire che risparmierai un miliardo dal Senato visto che costa 150 milioni l’anno. Sarebbe più sensato renderlo un organo di controllo e tagliare i parlamentari. L’ascesa di Renzi è un’invenzione giornalistica.
I sondaggi lo danno in testa. Soprattutto dopo l’annuncio degli 80 euro in busta paga.
I sondaggi sono pilotati. Da sempre. E gli 80 euro sono voto di scambio.
I dossier in arrivo dei quali parla Casaleggio chi li sta facendo?
I giornali di De Benedetti. Ma lui deve stare tranquillo, perché io vado a Sankt Moritz in pullman. Noi vogliamo fare il politometro se andiamo al governo, per verificare quanto aveva un politico prima di iniziare e quanto ha dopo la carriera. Lo faremo anche sui prenditori: andiamo a vedere le società che sono sparite, chi c’era. Per esempio, vediamo quanti soldi aveva De Benedetti prima dell’Olivetti e dopo l’Olivetti, quando quella società con 70mila dipendenti è sparita. Andiamo a vedere la Telecom di Tronchetti. Ora reagiamo.
Lei pensa che De Benedetti sia un suo avversario?
Assolutamente, sì. Lui è il mandante. Ha i lobbisti in Parlamento, come Berlusconi, con cui si sono divisi le cose. Detiene mezzi di comunicazione che perdono centinaia di milioni l’anno. Ha interessi nel carbone.
Dossier o no, lei è sicuro di non aver fatto troppi errori?
Ho la stessa sensazione di quando è iniziata l’avventura, quando vedevo le piazze riempirsi a ogni tappa. È vero, abbiamo commesso molti errori. E quel 25,5 per cento raccolto alle Politiche ci è esploso tra le mani. Sarebbe stupido dire che non è vero. Abbiamo avuto problemi, abbiamo sbagliato, ci sono stati troppi eccessi. Ma abbiamo raggiunto un livello di maturità che ci permette di essere il primo partito.


Dicevamo degli errori, però. E delle contraddizioni. Come quella di non mandare nessuno dei parlamentari in tivù mentre oggi vanno e spesso. Non è incoerenza?
No. Si chiama maturità, che prima non avevamo e oggi forse sì. La televisione è una grande trappola, ha dei manovratori dietro che ti fregano se non sai come comportarti. Lo fanno in maniera scientifica . Se tutti fossimo andati in tivvù all’inizio saremmo stati massacrati. Questo è il sistema che voleva l’informazione. È stata una di quelle scelte giuste.
E le espulsioni? Non pensa di aver esagerato?
Io non espello, non licenzio nessuno e non l’ho mai fatto. Non ne sarei proprio capace. Hanno deciso la base, il web, i parlamentari.
Parliamo di europarlamentarie, le consultazioni sul web per scegliere i candidati in Europa. Tanti attivisti e anche parlamentari hanno protestato contro le regole per l’invasione di sconosciuti.
Non sono conosciuti dalle procure. E questo è un nostro fiore all’occhiello. Io poi non ne conosco quasi nessuno, eppure dicono che decido tutto dall’alto.
Lei ha postato anche una norma aggiuntiva per escludere dalle liste dipendenti o ex dipendenti della Casaleggio associati.
C’erano dei casi di ex dipendenti della Casaleggio e io mi sono opposto, perché c’erano delle insinuazioni. Ma il sistema ha funzionato e funziona. Certo, il candidato della Valle d’Aosta ha preso 33 voti, ma lì sono 100mila persone, e poi si sono presentati in quattro.
Alcuni deputati e senatori hanno chiesto un’assemblea congiunta sul deputato Riccardo Nuti, “re o” di aver appoggiato ufficialmente una candidata in Sicilia, eletta al primo turno.
Non lo so, non ho letto nulla su questo. Preferirei che i parlamentari si astenessero dal dare consigli su candidati o cose del genere. Magari uno lo fa anche in buona fede, ma è meglio tenersi fuori.
Lei ha votato?
Sì, l’ho fatto ieri sera (giovedì, ndr) dal palco a Napoli, in diretta. Sono andato sullo schermo, ho visto i 18 candidati della mia circoscrizione e ho dato tre preferenze.
Per chi ha votato?
Il voto è segreto. Non ho fatto vedere a chi ho dato il mio.
Il secondo turno è stato sospeso per alcune ore.
Un programmatore ha sbagliato e ci siamo dovuti fermare. Ma ripeto, il sistema funziona: la gente sceglie, senza trucchi. Ogni votazione viene certificata da un ente terzo. Noi non entriamo nel sistema delle preferenze.
Mai avuta la tentazione di scegliere in prima persona qualche parlamentare?
No, non è nelle mie corde. Io guardo il Movimento che cresce. Siamo passati da 199 liste certificate l’anno scorso a quasi 700. Se ne metti venti per lista sono 20mila attivisti. Ma dove lo trovi un partito con questi numeri?
Avete previsto una penale da 250mila euro per gli eletti in Europa che, in caso di sfiducia da parte della base, non si vogliano dimettere. Ma il vincolo di mandato è vietato dalle norme europee e dalla Costituzione.
È un deterrente, poi vedremo se è legale o meno. Secondo i nostri avvocati si può fare. Ma è importante aver messo anche il recall, come negli Stati Uniti: se non rispetti il programma, 500 persone della tua circoscrizione ti mandano a casa.
Però oggi lei non fa comizi, è tornato al suo lavoro con gli spettacoli teatrali. Sono comizi a pagamento?
Certo. Ho sbagliato il titolo. Dovevano chiamarsi comizi a pagamento.
Dunque è vero che Grillo si arricchisce con la politica?
Negli ultimi due anni non ho guadagnato. Zero in busta paga. Me lo chiedono perché non sono rimasto in pantofole a casa mia, a Genova o a Marina di Bibbona. Me lo chiedono sempre.
Ma non si è pentito?
Volete scherzare? È un’avventura fantastica, umana, di politica e di amicizia. Di conoscenza che non avevo e che mi sono studiato. Io sono fatto così, sono una persona che deve arrivare al contatto reale.
Nel suo spettacolo afferma che il populismo è alta politica. Perché?
Il populismo non è un partito, è l’espressione più alta del politico. Dire di no è una cosa positiva. In un programma hanno fatto i conti di quanto ci sono costati i no: ma nessuno ha fatto i conti di quanto ci è costato dire di sì a tante opere incompiute.
Il suo no vale anche per l’Unione europea?
Io dico no a quest’Europa, non al concetto in genere, perché sono un grande europeista. Guardi cosa succede fuori del continente: negli Stati Uniti torturano la gente a Guantanamo. Noi europei siamo una cosa diversa.
Questa Unione non le piace?
Io voglio il ritorno alla Comunità europea, in cui si condivide tutto, anche il debito. Non questa Unione, dove siamo ingabbiati, costretti a restituire quello che le banche hanno investito nel nostro Paese come titoli di Stato.
Lei è contro l’euro? Ha appena ribadito che farete un referendum sul tema.
Personalmente sono assolutamente contro, ma a decidere devono essere i cittadini, non un leader politico o un partito.
Se l’Italia uscisse dalla moneta unica, si tornerebbe alla lira?
No, potremmo fare un euro a due velocità. Come 5 Stelle andremo a Bruxelles a contrastare quei trattati firmati da mascalzoni, da incompetenti. Non è possibile firmare una cosa come il fiscal compact che ti impegna per 20 anni. Fanno previsioni assurde, vogliono tagli assurdi: possiamo mai tagliare 50 miliardi all’anno per un ventennio? I fondi imperiali degli Stati Uniti si stanno comprando tutto, e lo sta facendo anche mezza Cina. Noi ci siamo dentro a tutto questo: e non abbiamo sovranità economica.
Come si riparte?
Primo, andare a Bruxelles ed eliminare il trattato del fiscal compact e il Mes, quello che sarebbe il fondo salva stati e invece è un salva euro. Secondo, verificare i finanziamenti europei all’agricoltura: i soldi devono arrivare ai prodotti tipici. Non è possibile che in Sicilia importino le arance dalla Tunisia. Io le ho trovate buttate per strada. Il rimedio è la fiscalizzazione: se vuoi la frutta tunisina paghi il 25 per cento in più.
Lei vuole il ritorno dei dazi.
Sì, tireranno fuori questa parola che fa paura a tanti: ma sono protezioni che servono. Provi a vendere acciaio negli Stati Uniti. E comunque, io non sono un economista, sono un comico, un rabdomante. Certo, mi informo: ma queste cose non le dovete chiedere a me. Dovreste andare dagli economisti: ma non ne azzeccano mai una.
Essere amico di Grillo di questi tempi potrebbe essere un vantaggio, non lo teme?
Ho avuto falsi amici intorno. Ne ho avuti molti. Fa parte della vita. C’è sempre un modo di ripartire.
Noi ci riferivamo alle clientele: Grillo è uomo di potere oggi o no?
Grillo è un comico, il marchio di un Movimento.
Lei sul sito si è definito capo politico.
Era la dicitura obbligatoria per potersi presentare.
Chi sono i nemici di Grillo? Renzi? Il Pd? Napolitano?
Nemici alla fine della loro stagione. C’è una strada che è stata tracciata dal Movimento e dalla quale non si torna indietro. A me non interessa quanto durerà l’ebetino di Firenze, mi interessa sapere che non esistono più. Lui è un bambino messo lì dalle banche. Ma sono le ultime resistenze.
Napolitano, diceva. Lei lo ha incontrato più volte.
Due volte. Napolitano è un vecchio molto furbo e non saggio, come dovrebbero invece essere i vecchi. Finito anche lui. Quando lo abbiamo incontrato è rimasto sempre in silenzio. E alla fine ci ha offerto qualcosa da bere. Hai l’impressione di uscire da chissà dove, ti accorgi che hai parlato solo tu. Il suo percorso è stato quello di violare la Costituzione e crearsi un presidenzialismo che non era previsto dai padri costituenti.
La Costituzione: vogliono cambiarla, di nuovo.
Noi vogliamo inserire nella Carta i referendum propositivi, i bilanci partecipativi, l’obbligo di discussione delle leggi popolari. Io l’ho letta la Costituzione: è stata scritta con 9400 parole, divise in 480 periodi, ogni periodo ha meno di venti parole. L’hanno fatto apposta, perché è così più semplice. Se si legge con calma, capisci che è perfetta.
E invece?
Abbiamo una Corte Costituzionale che ci mette 7 anni per decidere se una legge è o meno costituzionale, abbiamo i costituzionalisti: specialisti del nulla, che devono chiarire cose già chiare. Soprattutto, ogni volta che mettono mano alla Carta la rovinano. Penso alla parte sul federalismo: non ci si capisce niente.
Che ne pensa della Consulta?
I suoi membri sono nati tutti negli anni Trenta: vengono nominati 5 dai partiti e 5 dal Quirinale, cinque infine dal Csm. Non è un organo super partes, è un organo politico. E dentro c’è anche Giuliano Amato, l’ex tesoriere di Craxi, messo lì per fare il quindicesimo.
Amato è un possibile candidato al Quirinale. Anzi, Sandra Bonsanti, presidente di Libertà e Giustizia, dice che è il candidato numero uno, il segno della continuità.
Sarà Amato o sarà Draghi.
Non pare che Draghi ci pensi.
Non lo so, queste partite sono prive di senso.
Se si votasse tra sei mesi? Rifareste le Quirinarie?
Vediamo, ormai questo sistema non regge più. Non so se ha senso parlarne.
Ha sempre detto che papa Francesco è un grillino: anche lei si è messo in fila per incontrarlo?
Io non mi metto in fila, perché non mi stupirei se mi voltassi e lo vedessi apparire lì, da dietro. Magari con il frigorifero in spalla, come lo imita Crozza. Questo è papa Francesco. Ma certo che mi piacerebbe parlarci, sarebbe un incontro che può cambiarti la vita.
Lei è cattolico?
Si.
E va in chiesa ogni domenica?
Non vado in chiesa ogni domenica, ma vado spesso. Sono un credente.
E a casa? Il Grillo politico come funziona?
Male. Mi prendono in giro. Sgrido mio figlio e lui mi risponde che uno vale uno. Mi passano l’acqua e mi dicono: “Tieni, arriva dal basso. E questa è la democrazia dal basso”. Se così non fosse sarebbe un dramma.
Chi c’è dietro a Grillo?
Mia moglie.
Credente con una moglie di origine iraniana. Un anno fa è scomparso suo suocero: le manca? Affrontavate argomenti politici?
Mi manca molto. Mi mancano le discussioni con lui, ma non c’era mai la politica in mezzo. I viaggi. Come quando mi ha portato in Iran, dove il presidente si presenta in parlamento con il mitra. Ma ho trovato un posto per certi aspetti fantastico, dove le persone hanno il sapore che avevano gli italiani prima che questa politica li contamini. Esiste ancora la solidarietà.
L’Iran esce da una rivoluzione fallita. Voi non avete paura di perderla la vostra rivoluzione?
Noi in parte l’abbiamo già vinta. Se qualcosa in questo Paese è cambiato lo si deve al Movimento cinque stelle. Poi non ce lo riconoscono. Dicono che siamo contro l’abolizione delle Province: bene, ma perché i grillini non sono mai stati candidati in una Provincia? Qualcuno è riuscito a chiederselo? No. Io so che l’ebetino ha preso il nostro programma e un camper e ci è venuto dietro. È una vecchia regola del marketing, che Berlusconi conosce bene: copia il programma al tuo avversario e raccontalo prima di lui. Questo è stato fatto. Solo che nessun giornale lo scrive. Renzi lo sappiamo da dove viene, è un figlioccio di Gelli, amico di Verdini. Pretende di far riscrivere la Costituzione da Boschi e Verdini.
Non lo farebbe un confronto con lui in tivù?
Ma Renzi non è il mio avversario. Non lo considero tale. L’hanno messo lì. In televisione pensate che possa aver timore di lui? Lo conosco il mezzo. E porto argomenti. Il senso di confrontarsi col niente non lo trovo. Ma sicuramente andrò in televisione in questa campagna elettorale. Mi dicono che non parlo coi giornalisti, ma la realtà è che lo faccio tutti i giorni. Ma farò anche interventi, se me lo chiederanno. Oggi c’è una situazione diversa da quella che abbiamo vissuto un anno fa. È innegabile.
Napolitano presidente della Repubblica non le piace. Ma M5S poteva incidere sull’elezione del capo dello Stato: perché alla fine non lo avete fatto?
Perché la rete ci ha dato un’altra indicazione.
Potevate giocare una partita più strategica e proporre voi Romano Prodi. Avreste messo in difficoltà il Pd.
Noi non siamo qui per mettere in difficoltà un partito che non esiste più. Siamo per fare una politica che è fatta anche di no. Duri, reali. La rete, che sono i nostri elettori, ci aveva offerto una diversa indicazione: non sarebbe stato corretto andare con un altro nome.
 
di Luca De Carolis ed Emiliano Liuzzi
da Il Fatto Quotidiano del 5/04/2014
 
 
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